Sei un consulente o un facilitatore?
Tra qualche tempo, forse, ci verrà fatta questa domanda, per il momento il confine è ancora confuso, anche se la figura del facilitatore sta emergendo sempre di più come competenza fondamentale in diversi ambiti dall’insegnamento, al mondo imprenditoriale, alle pubbliche amministrazioni.
Differenza tra consulente e facilitatore
Iniziamo a delineare qual è la differenza tra consulente e facilitatore.
Un consulente analizza una determinata situazione e fornisce la risposta, conducendo il team a metterla in pratica.
Un facilitatore aiuta a guidare conversazioni e riunioni per assicurare ai team di ottenere i risultati che stanno cercando, facendoli emergere dal team stesso.
Il facilitatore
Il facilitatore è quindi un consulente di processo con alte competenze relazionali che accompagna le organizzazioni a perseguire i risultati delle azioni progettate. Il facilitatore è una nuova professione, che sta nascendo in questo passaggio d’epoca. Le nuove professioni non nascono a caso, sono la conseguenza di nuove esigenze che emergono dalle persone e dalle organizzazioni. Le nuove esigenza si basano sulla necessità di ascoltare e interpretare mutamenti continui del mercato e delle persone che concorrono a creare i diversi mercati. Che si tratti di studenti, di aziende profit o non profit o di pubblica amministrazione, sta crescendo sempre più la consapevolezza che il mercato sia fatto di persone e che chiunque offra un bene, tangibile o intangibile, debba pensare da persona per le persone.
Il facilitatore nel Business Design Marketing
Il risultato ultimo del Business Design Marketing è il disegno di un Modello di Marketing perfettamente calzante all’organizzazione o al progetto per cui si realizza il processo. Il facilitatore ha quindi il compito di aiutare i team multifunzionali a far emergere le loro competenze tacite e a condurli alla realizzazione del loro modello, co creato, condiviso e unico.
Gli strumenti del facilitatore
Ogni workshop, che sia online o offline, che sia rivolto a studenti, organizzazioni o pubblica amministrazione, prevede una solida progettazione del percorso e degli strumenti. La progettazione parte dall’obiettivo che l’organizzazione si pone e si sviluppa attraverso la selezione di uno o più strumenti che conducano il team alla generazione di risposte per raggiungere l’obiettivo.
Una solida conoscenza degli strumenti è quindi la base per la progettazione. La conoscenza non può però essere solamente tecnica, ma deve essere in grado di smuovere le persone del team e, lo strumento fondamentale sono lo domande.
Saper porre le domande giuste è il requisito principale per un facilitatore perché solo attraverso di esse si può accedere alla competenza tacita delle persone e far emergere il potenziale del team per il raggiungimento dell’obiettivo.
Quali sono le caratteristiche delle domande giuste?
Le domande giuste devono essere aperte e sono volte tutte al far emergere dalle persone il loro potenziale alla ricerca di tante verità individuali che insieme concorreranno al raggiungimento dell’obiettivo, che, magari, può non essere esattamente quello delineato all’inizio del workshop.
Le domande giuste mantengono e guidano il team nel flow, sono aperte a molte risposte e generano altre domande.
Le domande giuste stimolano il pensiero, devono essere sfidanti e sempre possibili, incalzanti in una danza tra i partecipanti e il facilitatore, garantire quel po’ di dopamina necessaria per alimentare il pensiero e uscire dalla confort zone e contemporaneamente rassicuranti per evitare il cortisolo, causa dello stress.
Le domande giuste stimolano l’interazione tra il gruppo, concetto molto più potente di comunicazione o dialogo e garantiscono il giusto equilibrio per le riuscita del progetto.
Le competenze di un eccellente facilitatore
Il raggiungimento dell’obiettivo, come ho detto poco sopra, può non essere esattamente quello prefissato all’inizio del progetto poiché l’elemento umano alla base della facilitazione rende il processo non lineare e imprevedibile. Un eccellente facilitatore ha quindi una profonda conoscenza degli strumenti e delle metodologie e una profonda capacità di ascolto.
Solo ascoltando e accogliendo tutte le risposte come fonte di generazione di nuove domande, solo ascoltando e lasciando spazi di silenzio per permettere a tutti di ascoltare, solo ascoltando e creando un clima di fiducia possiamo garantire che il team trovi la propria soluzione che forse non garantisce il raggiungimento dell’obiettivo prefissato perché quasi sempre va molto oltre le aspettative.

Elena Tavelli

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